Embrunman

Embrunman
15 agosto 2009

venerdì 22 ottobre 2010

Embrunman 2009

15 agosto 2009 Embrunman. Ho puntato il dito sull'ironman di Embrun senza sapere molto del percorso. 1) sapevo che era in Francia 2) sapevo che ci sarebbe stata della salita da fare in bici 3) sapevo che si sarebbe nuotato in lago. Avevo visto le foto e questo mi bastava. Durante la preparazione ho scoperto il resto!! 5000 m di dislivello positivo per 188 km per il percorso in bicicletta. La montagna nasconde l'incertezza del clima: caldo, freddo, pioggia...neve d'altronde l'Izoard arriva a circa 2360 m di altitudine...Maratona lungo lago, credevo io! La sorpresa è stato proprio il percorso della maratona, piuttosto ondulato!
Dopo una preparazione attenta per la bicicletta che ha incluso la gran fondo della Marmotte con il famoso Galibier e arrivo sull'Alpe d'Huez; una preparazione attenta per la corsa e sulla difensiva per il nuoto, ho pur sempre due ancorette che tengono ferma la spalla sinistra, sono arrivata a Embrun, scortata, aiutata e, a modo suo, sostenuta da Andrea-Pelo.
Dopo un anno ricordo ancora l'agitazione e l'entusiasmo durante il viaggio; l'emozione al ritiro del pacco gara: nr 17!, lo stupore di fronte a quelle montagne.

Gabba non mi aveva detto nulla del percorso se non pochi giorni prima della partenza, nonostante glielo avessi domandato più volte. "Ricorda", aveva detto, "la gara inizia in cima all'Izoard". "Ci sarà il Pallon, salite e discese, l'ultima tremenda salita a pochi chilometri dall'arrivo, e la maratona. Quando arriverai al traguardo, alza lo sguardo al cielo, guarda le montagne che hai scalato perché soltanto loro sono più grandi di te". 
Queste le parole che mi hanno accompagnata per tutte le 15 ore di gara. Queste le parole che mi hanno spinta a non mollare. Ore 5, zona cambio. È buio. Sono agitata, non è particolarmente freddo, si prepara una giornata afosa. 5.50 partenza. Nuoto bene: 1 ora e 6 minuti, ma la spalla non regge. 
Il capolungo del bicipite si stacca con un dolore lancinante. Continuo a prepararmi, prendo la bici e parto. Dopo 500 metri c'è la prima salita, salgo sui pedali, la spalla non mi tiene. Alleggerisco il rapporto e mi siedo sulla sella. Sarà una lunga giornata. Ci sono volute altre due salite prima di riuscire ad appoggiare il peso sulla spalla. Pedalo bene, arrivo in cima all'Izoard assetata. Ho fatto il primo fatidico errore: sono rimasta senza liquidi. Una sete che non riesco a calmare. E lì inizia la gara. La bellezza della natura mi  aiuta; riesco a cogliere i profumi dell'ambiente e supero anche qualche concorrente. All'ultima salita sento ancora la sete, il formicolio ai piedi è doloroso. Con foga continuo, voglio liberare i piedi, voglio correre. 

Non sento più la spalla, il dolore è anestetizzato dalla fatica. Zona cambio. Via la divisa da bici e indosso pantaloncini e top per la corsa. 
Corro la prima metà della maratona sotto un caldo estenuante. Andrea mi segue, mi incita a continuare, mi chiede se sto bene. Oh sì sto bene! Non so ancora cosa è successo al braccio sinistro, ma sto bene. La seconda metà della maratona è invece un calvario per il liquidi ingurgitati, per la fatica, per il caldo. Ma arrivo alla fine. 15 ore 23 minuti. Ormai è buio ma nel cielo è ancora possibile distinguere la sagoma delle montagne. Non resisto più e scoppio a piangere. Un pianto di fatica e felicità.

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